ANORESSIA E TERAPIA FAMILIARE: I CINQUE ELEMENTI CLINICI FONDAMENTALI

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ANORESSIA E TERAPIA FAMILIARE: I CINQUE ELEMENTI CLINICI FONDAMENTALI

anoressia

Conoscere i meccanismi patologici fondamentali, di resistenza al cambiamento, della famiglia con anoressia consente al clinico un ampio spettro di azione.

 

In questo articolo vengono presentati e discussi i cinque meccanismi patologici fondamentali di resistenza al cambiamento, propri dell’organizzazione famigliare coinvolta nella problematica dell’anoressia.

Anoressia e famiglia: Introduzione

In questo articolo vengono presentati e discussi i cinque meccanismi patologici fondamentali di resistenza al cambiamento, propri dell’organizzazione famigliare coinvolta nella problematica dell’anoressia. Lo spettro clinico che interessa questa esposizione è l’interazione reciproca di ogni attore presente nella famiglia e gli schemi usualmente attivi all’interno del contesto, come anche verso l’esterno – in questo caso il setting clinico terapeutico – del sistema stesso di relazioni. L’approccio che più di tutti sembra avere avuto sviluppi interessanti è l’approccio della terapia sistemico familiare e dell’analisi clinica, in termini sistemici, della patologia individuale innestata alle resistenze individuali e relazionali della famiglia stessa.

Anoressia: la famiglia come cornice e sfondo evolutivo

Il contesto familiare è il substrato fertile, il contesto nodale come anche il palco elettivo per lamanifestazione dell’anoressia (Ugazio, 1998). Inserito nel contesto terapeutico vero e proprio, diviene risorsa ed elemento ristrutturante il sintomo stesso in una prospettiva di diagnosi e cura. Uno dei punti nodali, derivato direttamente dalla psicoanalisi freudiana, è il rapporto madre-bambina in prima istanza e, successivamente, la posizione relazionale/affettiva del padre circa le dinamiche specifiche del disturbo.

L’approccio Sistemico Familiare, e la sua variante in termini cognitivo-comportamentali ovvero la Family-Based Treatment – FBT, sono da considerarsi, tecnicamente e strategicamente, gli approcci più indicati, per due punti nodali:

  • Considerano la famiglia come lo sfondo e al contempo la cornice del paziente designato;
  • La famiglia di origine è la radice profonda che ha nel tempo originato/favorito il sintomo stesso.

Salvador Minuchin (Minuchin, 1980) proprio a tal proposito parla di famiglia anoressica e per estensione possiamo a nostra volta usare la variante famiglia anoressizzante/famiglia anoressizzata, una duplice terminologia che sottolinea ed evidenzia come la famiglia, per il terapeuta, sia al centro dell’attenzione clinica dal principio, e a sua volta la paziente designata sia contemporaneamente la portatrice di un disturbo individuale e l’individuo che manifesta lo stile e le dinamiche di un sistema più complesso, ove tutti i soggetti sono, loro malgrado, comunque partecipanti attivi ed attori di uno psicodramma sistemico familiare.

Accogliere, osservare e valutare le relazioni e le relative azioni che intercorrono nella famiglia è centrale per il lavoro terapeutico con chi soffre di anoressia. A questo devono essere aggiunti dei lavori in nulla secondari quali:

  • Tutto il lavoro di recupero e ricostruzione del panorama trigenerazionale (figlia, genitori, nonni);
  • Le linee generazionali in termini di affettività e/o collusione tra i singoli componenti e le rispettive parentele (s’intendono i conflitti, le alleanze, le rotture, i silenzi, i ricongiungimenti);
  • Le triangolazioni relazionali all’interno della famiglia stessa, quando e come avvengono e se sono stabili;
  • Le mitologie familiari che percorrono la famiglia di chi soffre di anoressia.

La famiglia, essendo matrice e dativa dell’identità, o comunque di una parte sostanziale di essa, è luogo dove viene definito il proprio Sé – nel senso più banale – ma anche ciò che organizza e definisce le grandezze, le intensità e modalità della così detta Popolazione di Sé (Perls, 1950) ovvero: le molteplici varianti interne del Sé che cambiano e modulano la loro natura in stretta relazione con un contesto esterno cognitivo/affettivo.

Comorbidità tra anoressia, disturbo di personalità e matrice familiare

Il tema della Popolazione dei Sé (Population of Self, PoS da qui in poi per brevità) è centrale quando l’anoressia nervosa ha una coincidenza, episodica o cronica, con un disturbo della personalità o con una psiosi , eventualità affatto non banale che il clinico può e deve sondare in termini sia di testistica come anche di osservazione/interazione in vivo col nucleo familiare in terapia. L’interpolazione del disturbo anoressico con uno di disturbo della personalità rende, paradossalmente, il lavoro clinico leggermente più facile – almeno nella fase di diagnosi pura e di diagnosi sistemico relazionale – ma ne innalza la difficoltà tecnica nei termini di gestione propria delle dinamiche intra-familiari e ciò per un motivo che è bene spiegare con un adeguato esempio.

Immaginiamo dei pezzi di vetro, schegge di varia grandezza e forma, che vengono posti su un piano fisso l’uno accanto all’altro, e immaginiamo di far passare della luce su di essi: noteremmo differenti e varie polarizzazioni dell’onda in un effetto caleidoscopico. La PoS della paziente con anoressia si comporta allo stesso modo con gli stimoli cognitivi/affettivi derivanti dal sistema familiare accogliendo e restituendo in modo difforme lo stimolo. Ciò che è interessante, di contro, è che anche la famiglia – i genitori o il genitore – agisce e pone in campo la sua Pos dando come esito un gioco di specchi dinamici ove ogni individuo del sistema famiglia risponde ad incastro agli altri.

Ne risulta un sistema dinamico con un suo specifico equilibrio ove la resistenza individuale al cambiamento coincide con i meccanismi patologici di ciascun componente il sistema famiglia. La stretta circolarità delle interazioni, lo scambio reciproco di comunicazioni ed agiti, sia essi consapevoli che inconsci, struttura un sistema internamente basato su risposte di tipo simettrico/asimmetrico (Bruch, 1983) o di escalation di ciascuno e rispetto gli altri. Struttura di personalità individuale, ruolo – implicito/implicito – e livello di funzionamento sono gli elementi sui quali strutturate un’ipotesi di intervento terapeutico circa l’invischiamento che il sistema, e reciprocamente gli individui, presentano.

La resistenza al cambiamento e i meccanismi patologici si auto-declinano in queste seguenti categorie/meccanismi, che a loro volta sono specifici della famiglia anoressizzante/famiglia anoressizzata.

Sistema chiuso – il ruolo dell’ iperprotettività genitoriale nell’anoressia

Ad oggi è possibile affermare con ampia certezza che l’anoressia nervosa è un disturbo individuale con una forte relazione con la storia e le dinamiche di un sistema familiare; da esso possiamo recuperare elementi di una cultura comune nella famiglia, come anche dinamiche oramai strutturate e sedimentate, passate tra le diverse generazioni, con peculiarità e modalità di funzionamento – individuale e d’insieme – quali:

  • Evitamento a qualsiasi forma di conflitto;
  • Atteggiamento iper-protettivo genitoriale;
  • Assenza di regole definite e contigue;
  • Assenza di confini tra il piano genitoriale e quello della prole.

I genitori, in special modo le madri, delle pazienti con anoressia risultano mettere in atto modalità iperprotettive, disciplinari e dominanti (Manara, 1991). Sembra che in questo tipo di struttura familiare siano sopra ogni cosa incoraggiati, e premiati, la disciplina, l’efficenza, l’ordine e il successo, piuttosto che la conquista dell’autonomia, dell’indipendenza di giudizio, dell’acquisizione di uno stile personale di vita e di una matura consapevolezza.

Un’apparente, ma fragile, armonia tra i membri della famiglia diventa il modo in cui ci si preserva dal realizzare i problemi (e le loro eventuali implicite collusioni) al fine di mantenere una quiete in realtà sempre molto poco calma. A riprova di questo è bene far notare come ad esempio, sempre nel campo dei disturbi alimentari, lo sviluppo di un comportamento di tipo bulimico sembri essere collegato a caratteristiche familiari molto specifiche (Bruch, 2000), come la presenza di modelli familiari e madri molto protettive, con una reciproca carenza di manifestazioni positive di affettività, sostegno o contatto.

Le giovani donne che hanno una difficoltà nel controllo del proprio peso, vivono costantemente un senso di auto-squalifica e di self-judging poiché ritengono di non possedere una volontà abbastanza forte da cambiare il loro stato e conseguente condizione. Quindi venendo a mancare un sostegno positivo da parte della famiglia il senso di auto-squalifica aumenta.

Le figlie con anoressia possono esprimere una totale aderenza al modello materno con il desiderio di soddisfarla, superarla e riqualificarla agli occhi di una figura paterna.

In ambedue i casi abbiamo una manifestazione emblematica di un disturbo del concetto di sé ove il corpo viene spesso esperito come separato dal Sé, come se appartenesse a qualcun’altro, spesso l’ideazione è riferita direttamente ai genitori (L. Mainardi, G.O. Gabbard, 1995). Queste pazienti mancano di qualunque senso di autonomo riconoscimento positivo, al punto da percepirsi come non capaci di tenere sotto controllo le loro funzioni corporee, con un sottostante profondo sentimento di non valere nulla e reinvestono in modo inconscio la loro ansia ed inadeguatezza nella manipolazione della quantità e della dimensione del cibo assunto, questo come agito psicologico riferito figure significative, giudicanti ed esemplari.

 

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